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mercoledì 19 aprile 2023

Il Garante della Privacy

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L'INFORMATIVA VA SEMPRE DATA AL SOGGETTO INDAGATO?

Quando l’investigatore privato interagisce direttamente con il soggetto oggetto di indagine, egli deve comunicargli l’informativa, così come previsto dall’art. 13 del GDPR, affermato nel doc. web n. 9789512, relativo al Provvedimento del 12 maggio 2022 inserito nel Registro dei provvedimenti n. 187 del 12 maggio 2022. 


Il provvedimento ha origine da un ricorso da parte di una "la signora XX (la quale) ha riferito che la Signora XX, collaboratrice della Società (investigativa), si è presentata in data 9 dicembre 2019 presso XX, sede di lavoro del reclamante, affermando di essere una cliente interessata a un preventivo per un servizio d’indagine, ma, in realtà, allo scopo di svolgere attività investigativa e di effettuare riprese video, fotografiche e audiovideo", senza fornire una preventiva informativa all'interessata. 


Si contesta dunque la mancata informativa, non espressa dall'investigatore durante l'indagine, e di consenso espresso al trattamento dei suoi dati. 


Il Garante non punisce l'agenzia di investigazioni riguardo il consenso dei dati, poiché lo svolgimento di attività investigativa (id est, il trattamento dei dati personali) per difendere in giudizio un diritto non richieda il consenso dell’interessato (artt. 6, paragrafo 1, lettera e) e 9, paragrafo 2, lettera f), RGPD)”, ma, per quanto riguarda l'informativa, il Garante dichiara che "... la raccolta delle informazioni relative alla reclamante, la loro registrazione, elaborazione, inserimento nella relazione investigativa e comunicazione al committente le attività investigative costituiscono trattamento di dati personali".


Da ciò ne deriva che, indipendentemente dalla difesa dell'investigatore, "... fu noto al titolare che i dati acquisiti direttamente presso l’interessata erano stati raccolti illegittimamente per la mancanza di informativa, onde questi non potevano essere utilizzati dall’agenzia investigativa, come prevede l’art. 2-decies del Codice (salva la successiva devoluzione in giudizio da parte del committente, che resta disciplinata dall’art. 160-bis del Codice  che non è oggetto del presente provvedimento)".


In conclusione, quando l’investigatore privato raccoglie dati personali direttamente dall’interessato dovrà sempre fornirgli, anticipatamente, l’informativa.



venerdì 14 aprile 2023

Quando la figlia viene affidata al padre?

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Secondo i giudici, il padre è in grado di garantire una maggiore stabilità alla minorenne.

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 30191/2019, dimostra che, nonostante l’orientamento consolidato secondo cui bisogna prediligere il principio di bigenitorialità, in seguito a una separazione o a un divorzio, è fondamentale sempre dare priorità al benessere del minore. In questa vicenda su cui si sono espressi gli ermellini, in particolar modo, come già sancito precedentemente da una sentenza Corte Territoriale, era il padre a dare maggior stabilità alla figlia minorenne e non la madre, troppo permissiva e distante emotivamente. Ecco i motivi che hanno portato la madre a fare ricorso e la risposta dei giudici della Corte di Cassazione.

La vicenda

La Corte d’Appello di L’Aquila, Sezione per i Minorenni, aveva rigettato un reclamo di una donna dopo che il Tribunale per i Minorenni dell’Aquila aveva disposto il collocamento della figlia minore in via preferenziale presso il padre, previo affidamento della bambina ai Servizi sociali del Comune. Secondo la Corte territoriale, infatti, il padre risponde "all’interesse morale e materiale della stessa minore […] soprattutto in considerazione della maggiore garanzia di stabilità". La madre della minore, però, ha deciso di fare ricorso presso la Corte di Cassazione.

Fra i motivi messi in campo dalla donna ci sono, ad esempio, la violazione o la falsa applicazione dell’articolo 337 ter del codice civile ("Il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori […]") e dell’orientamento, già consolidato della Corte di Cassazione, di "privilegiare la collocazione della minore presso la madre, anche a prescindere dalla modifica da parte di quest’ultima del luogo di residenza". In più, la madre della minore ha sottolineato che non si è tenuto conto della "centralità della figura materna emergente dalla relazione psico-sociale e del radicamento affettivo e sociale della minore".

 

LA SENTENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE

Con la sentenza numero 30191/2019, la Corte di Cassazione ha ritenuto inammissibile il motivo principale del ricorso. Nonostante l’orientamento già consolidato dalla stessa Corte, infatti, gli giudici ricordano che "il giudizio prognostico […] va formulato tenendo conto, in base ad elementi concreti, del modo in cui i genitori hanno precedentemente svolto i propri compiti, delle rispettive capacità di relazione affettiva, attenzione comprensione, educazione e disponibilità ad un assiduo rapporto, nonché della personalità del genitore, delle sue consuetudini di vita e dell’ambiente sociale e familiare che è in grado di offrire al minore".

Nel caso in concreto, infatti, già la Corte Territoriale aveva deciso la collocazione prevalente della minore presso il padre in quanto l’uomo era in grado di garantire "maggiore stabilità e di darle quel senso di sicurezza e continuità già fortemente minato dalla conflittualità genitoriale". In più, alla stabilità offerta dal padre si aggiungeva anche la presenza, nell’agriturismo gestito dal padre e in cui vive con sua figlia, dei nonni paterni, della zia e dei cugini. La sentenza evidenziava che, al contrario, "la madre è più permissiva e distante emotivamente dalla minore". La Corte di Cassazione, di conseguenza, ha rigettato il ricorso.