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lunedì 23 gennaio 2023

CONTROLLI A DISTANZA - Legge 300/1970

 


L’art. 4. dello statuto dei lavoratori (Legge 300/1970), registrato come “impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo”, è stato modificato dal legislatore nel 2015 introducendo per la prima volta la possibilità di installare “impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori” i quali “possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali. ….

La norma pertanto prevede che si possa controllare a distanza l’attività resa dal lavoratore a condizione che vi sia un previo accordo con le rappresentanze sindacali, ma i dati così rilevati “sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196”.

Il testo di legge afferma successivamente che “In mancanza di accordo (con le rappresentanze sindacali), gli impianti e gli strumenti di cui al primo periodo possono essere installati previa autorizzazione delle sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro o, in alternativa...” superando così l’impasse che molto spesso si genera con le organizzazioni sindacali.

 

Sempre nel 2015 è stata introdotta inoltre un’importante novità nel testo normativo di cui si sopra ovvero che la disposizione che precede “non si applica agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze”. Molto semplicemente e sommariamente l’autovettura dell’azienda assegnata al dipendente, il computer dell’ufficio consegnato all’impiegato, orodatario o marcatempo, ecc… In questi casi nessun accordo dovrà essere previamente concordato ma dovrà comunque essere resa previamente al lavoratore, l’informativa Privacy, a pena di inutilizzabilità delle informazioni raccolte.

 

A salvaguardia dei diritti del datore di lavoro interviene la Cassazione che, in plurime sentenze sempre concordanti, afferma incontrovertibilmente che “Diversamente, ove il controllo sia diretto non già a verificare l’esatto adempimento delle obbligazioni direttamente scaturenti dal rapporto di lavoro, ma a tutelare beni del patrimonio aziendale ovvero ad impedire la perpetrazione di comportamenti illeciti, si è fuori dallo schema normativo della L. n. 300 del 1970, art. 4. (Cass. Civ. Sez. Lavoro sent. 27-05-2015 n. 10955)” e pertanto la registrazione audio video di comportamenti del lavoratore non necessitano di accordo sindacale o di previa informativa.

 

 

mercoledì 18 gennaio 2023

CONTROLLO DEI LAVORATORI - Sent. 27/05/2015 n. 10955



Il datore di lavoro ha il potere di controllare che l’attività lavorativa dei dipendenti sia eseguita conformemente alle direttive da lui impartite. Questi poteri però non sono illimitati, anzi incontrano una serie di limitazioni, primo tra tutti il diritto dei lavoratori al rispetto alla loro riservatezza, alla dignità personale, alla libertà di espressione e di comunicazione.

Il datore di lavoro dovrà quindi attenersi scrupolosamente a quelle che sono le disposizioni in tema di Privacy (Regolamento Europeo 679/2016, Dlg. 196/2003 e Dlg. 101/2018) e in tema di statuto dei lavoratori (L.300/1970).

 

La Corte Suprema di Cassazione legittima lo strumento del “controllo difensivo” occulto, ovvero all’insaputa.

La Cass. Civ. Sez. Lavoro sent. 27/05/2015 n. 10955 definisce quindi i “controlli difensivi” “ossia a quei controlli diretti ad accertare comportamenti illeciti dei lavoratori, quando tali comportamenti riguardino l’esatto adempimento delle obbligazioni discendenti dal rapporto di lavoro e non la tutela di beni estranei al rapporto stesso, ove la sorveglianza venga attuata mediante strumenti che presentino quei requisiti strutturali e quelle potenzialità lesive, la cui utilizzazione è subordinata al previo accordo con il sindacato o all’intervento dell’Ispettorato del lavoro” (Cass., n. 15892/2007, cit.; v. pure Cass., 1 ottobre 2012, n. 16622). 

 

Sul principio dell’occultamento del controllo, sempre la Cassazione di cui sopra così si pronuncia “Nell’ambito dei controlli cosiddetti “occulti”, la giurisprudenza di questa Corte ha avuto modo di affermarne la legittimità, ove gli illeciti del lavoratore non riguardino il mero inadempimento della prestazione lavorativa, ma incidano sul patrimonio aziendale e non presuppongono necessariamente illeciti già commessi”. Inoltre, sempre la stessa Suprema Corte identifica i soggetti che possono svolgere tali controllo e precisamente statuisce che “Infine, è stato precisato che le norme poste dalla L. 20 maggio 1970, n. 300, artt. 2 e 3, a tutela della libertà e dignità del lavoratore, delimitano la sfera di intervento di persone preposte dal datore di lavoro a difesa dei suoi interessi con specifiche attribuzioni nell’ambito dell’azienda (rispettivamente con poteri di polizia giudiziaria e di controllo della prestazione lavorativa), ma non escludono il potere dell’imprenditore, ai sensi degli artt. 2086 e 2104 c.c., di controllare direttamente o mediante la propria organizzazione gerarchica o anche attraverso personale esterno – costituito in ipotesi da dipendenti di una agenzia investigativa – l’adempimento delle prestazioni lavorative e quindi di accertare mancanze specifiche dei dipendenti già commesse o in corso di esecuzione, e ciò indipendentemente dalle modalità del controllo, che può avvenire anche occultamente, senza che vi ostino nè il principio di correttezza e buona fede nell’esecuzione dei rapporti nè il divieto di cui alla stessa L. n. 300 del 1970, art. 4, riferito esclusivamente all’uso di apparecchiature per il controllo a distanza” (Cass. 10 luglio 2009, n. 16196).

  

Ma affinché sia legittimato il controllo difensivo, è necessario che il datore di lavoro sia certo che il lavoratore commetta un illecito? No e in questa direzione così si pronuncia la Corte di legittimità Sezione Lavoro nella sentenza del 09/07/2008, n. 18821: “Secondo tale orientamento, condiviso da questo collegio e al quale si è richiamata anche la sentenza impugnata, l’attivazione di tali tipi di controlli, in particolare attraverso agenzie di investigazione (ed. controlli occulti), non presuppongono necessariamente illeciti già commessi, come pure sostenuto in passato da una parte della dottrina che si è occupata della sistemazione giuridica del fenomeno, ma anche il sospetto (nascente dal rilievo delle ed. differenze inventariali, cui deve ritenersi del resto aver fatto riferimento anche la società, quando ha parlato, sia pure impropriamente, di “attività di controllo anti-taccheggio”) o anche la mera ipotesi che illeciti siano in corso di esecuzione. 

Questo, sommariamente, lo stato dell’arte ad oggi delle disposizioni in tema di controlli difensivi occulti che possono svolgersi versus il lavoratore.