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martedì 22 gennaio 2013

Stop alle videospie in casa, lo stabilisce la Cassazione

Importanti novità per l’investigazione privata: lo scorso ottobre, la Corte di Cassazione (sentenza 4021/12) ha stabilito il divieto assoluto di registrare “movimenti della vita privata” all’interno della propria abitazione domestica.
La sentenza viene pronunciata a seguito di un caso dove il capo d’accusa era costituito da un occhio elettronico collocato da un detective all’interno di un’abitazione privata. La sentenza in realtà rappresenta una conferma, in quanto la vicenda fu già precedentemente esaminata dalla Corte d’Appello di Milano che condannò l’investigatore privato a due mesi di reclusione (successivamente convertiti in una sanzione pecuniaria).
L’abitazione privata, quindi, è per la Cassazione un luogo inviolabile e l’attività del detective non deve includere tutte quelle “...manifestazioni di vita privata che si svolgano, ancorchè momentaneamente, in uno dei luoghi indicati nell’articolo 614 del Codice Penale” (sentenza 4021/12).  Tali disposizioni, inoltre, restano valide anche nel caso in cui le immagini non specifichino l’identità della persona sorvegliata. La sentenza tutela anche tutti i soggetti che in maniera accidentale potrebbero trovarsi coinvolti in una registrazione, stabilendo che il titolare dell’interesse protetto dalla norma è da intendersi come “chiunque” all’interno del luogo violato. Previsto anche un risarcimento di danno non patrimoniale alle vittima.
La protezione dello spazio domestico trova un altro esempio in una sentenza del Tribunale di Varese pronunciata nel 2010 in cui si stabilisce il divieto di installazione di telecamere anche presso il condominio; ciò vale anche nel caso in cui la sua installazione sia per motivi di sicurezza. In tale sentenza il Garante della Privacy si espresse anche per sollecitare un intervento del legislatore in materia di tutela della privacy in ambito civile e la recente sentenza va proprio in questa direzione.
A questo punto cosa succede, invece, nel caso un’azienda voglia ingaggiare un investigatore privato per spiare un dipendente che si sospetta di rubare o trafugare informazioni?  La legge in questo caso stabilisce che il datore di lavoro possa ingaggiare un detective, ma allo stesso tempo  delimita bene i confini di tale operazione: gli investigatori possono effettuare perquisizioni corporali, ma con l’assoluto divieto di compierle all’interno dell’abitazione o nell’automobile che vanno intesi come spazi privati in cui viene ribadito il divieto di inserire videocamere. Il datore di lavoro, quindi, qualora sospetti di un dipendente, potrà ingaggiare un detective, ma quest’ultimo non potrà servirsi di  prove filmiche registrate nell’ambito della sfera privata. Limiti precisi e ben delineati, quindi, per gli investigatori e sicuramente un grande passo in avanti in materia di tutela della privacy.

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