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venerdì 10 marzo 2023

LO SCREENSHOT DI UNA CHAT VALE COME PROVA LEGALE?


 LO SCREENSHOT DEGLI SMS O DELLA CHAT VALE COME PROVA LEGALE?

Con la sentenza n. 88332, depositata in cancelleria dalla Terza Sezione Penale in data 2 marzo 2020, la Cassazione ha sancito il principio in base al quale lo screenshot di messaggi sms -e quindi anche lo screenshot di una chat- equivale ad una fotografia, e dunque può essere acquisito come prova nell’ambito di un procedimento penale.

Ciò significa che può essere legittimamente utilizzato durante la fase istruttoria, ai fini del convincimento del giudice sulla sussistenza della fattispecie di reato. Di conseguenza, il giudice stesso può fare riferimento a tale prova nella motivazione della sentenza, per giustificare la propria decisione.

 

Secondo la Corte, infatti, non vi è “alcuna illegittimità nella realizzazione di una fotografia dello schermo di un telefono cellulare, sul quale compaiano messaggi sms, allo scopo di acquisirne la documentazione, non essendo imposto dalla legge alcun adempimento specifico per il compimento di tale attività, che consiste, sostanzialmente, nella realizzazione di una fotografia”.

Si tratta certamente di una fotografia particolare, ma “che si caratterizza solamente per il suo oggetto, costituito, appunto, da uno schermo sul quale siano leggibili messaggi di testo”.

 

Ciò comporta che non vi sia “alcuna differenza tra una tale fotografia e quella di qualsiasi altro oggetto, con la conseguente legittimità della sua acquisizione”.

Sulla base di tale assunto, anche lo screenshot di una chat integra una prova che può essere validamente acquisita.

La Suprema Corte, pronunciandosi sul ricorso sottoposto al suo vaglio, lo ha pertanto dichiarato inammissibile, relativamente al motivo in base al quale il ricorrente lamentava sostanzialmente l’illegittimità dell’acquisizione probatoria, da cui sarebbe scaturita l’inutilizzabilità della stessa.

 

La prova in questione era appunto costituita dai messaggi sms pervenuti sul telefono cellulare della madre della persona offesa e solo fotografati, con la conseguente incertezza –lamentava il ricorrente- in ordine alla loro provenienza, sia per la mancata disposizione di una perizia informatica volta ad accertarne il mittente, sia a causa della mancanza di qualsiasi elemento idoneo a collegare l’utenza telefonica dalla quale erano stati inviati al ricorrente medesimo.

Tale motivo del ricorso è però stato dichiarato dalla Cassazione manifestamente infondato, con conseguente inammissibilità della doglianza. Ciò in quanto gli screenshot costituiscono una prova legittima, al pari di qualsiasi altra fotografia, e possono perciò essere utilizzati nei procedimenti penali.

 

Vale la pena precisare che lo screenshot deve però provenire da un’apparecchiatura elettronica di cui abbiamo il possesso e deve riprendere qualcosa che noi abbiamo diritto di conoscere o a cui abbiamo diritto di accedere; oppure, in caso così non fosse, che i messaggi o le chat ripresi dallo screenshot stesso siano di persone che ci hanno autorizzati ad avvalercene. In caso contrario si commetterebbe il reato di accesso abusivo al sistema informatico, previsto dall’art. 615 ter c.p.

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