La sentenza contribuisce a chiarire ulteriormente il concetto di mobbing dato che gli ermellini indicano in dettaglio quali sono gli elementi necessari perché si possa parlare di mobbing. Il primo degli elementi è l'accertamento di una molteplicità di comportamenti di carattere persecutorio. Il secondo è l'accetamento di un danno alla salute di chi è vittima di mobbing e i terzo è l'esistenza di un nesso di causalità tra il comportamento persecutorio e il danno all'integrità psico-fisica del lavoratore. Natualmente ci vogliono le prove che, se sussistono, danno diritto alla parte danneggiata ad ottenere il risarcimento del danno subito. Nel caso esaminato dalla Corte sono stati esclusi gli estremi del mobbing perché, secondo quanto accertato dai giudici di merito, la vicenda lavorativa si era sviluppata nei limiti della normalità "atteso che il rapporto di lavoro si era svolto secondo modalità congrue rispetto alla natura delle prestazioni, alle obbligazioni reciproche ed agli interessi delle parti contrattuali". In particolare nella sentenza della corte d'appello si era sottolineato "da un lato, che non poteva ravvisarsi, nel caso di specie, un nesso causale fra la patologia psichica da cui era risultato affetto il lavoratore ed il disagio derivante dall'ambiente lavorativo, e, dall'altro, che non era nemmeno possibile individuare i soggetti responsabili dell'allegato mobbing con riferimento a comportamenti specifici e rilevanti". Nella parte motiva della sentenza (qui sotto allegata) la Corte fra diversi richiami a decisioni precedentemente adottate.
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giovedì 27 settembre 2012
Mobbing, ancora un chiarimento dalla Cassazione
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