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martedì 2 aprile 2013

Cassazione: illegittimo il licenziamento della lavoratrice sorpresa a lavorare in un bar durante l'assenza per infortunio

Non sempre lo stato di malattia impedisce di svolgere una diversa attività lavorativa. Come spiega la Corte di Cassazione "Lo svolgimento di altra attività lavorativa da parte del dipendente assente per malattia può giustificare il recesso del datore di lavoro, in relazione alla violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede e degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà, oltre che nell'ipotesi in cui tale attività esterna sia per sé sufficiente a far presumere l'inesistenza della malattia, dimostrando, quindi, una fraudolenta simulazione (ipotesi neppure ipotizzata nella fattispecie in esame), anche nel caso in cui la medesima attività, valutata con giudizio "ex ante" in relazione alla natura della patologia e delle mansioni svolte, possa pregiudicare o ritardare la guarigione e il rientro in servizio, con conseguente irrilevanza della tempestiva ripresa del lavoro alla scadenza del periodo di malattia.

E' quanto si legge nella sentenza n. 5809 dell'8 marzo 2013 con cui la Corte ha rigettato il ricorso proposto da una Società avverso la decisione con cui il giudice d'Appello riteneva illegittimo il licenziamento intimato alla dipendente per essere stata notata a prestare attività lavorativa presso un bar durante l'assenza dal lavoro per infortunio.

Alla luce delle risultanze istruttorie, il giudice di merito aveva escluso che l'attività prestata dalla lavoratrice nel bar potesse pregiudicare o ritardare la sua guarigione e aveva precisato che il mero fatto addebitato, senza alcuna altra specificazione riguardante l'eventuale compromissione o ritardo della guarigione della infermità, non costituiva di per sé violazione di un qualche obbligo gravante sulla lavoratrice e che nella fattispecie la valutazione ex ante portava comunque ad escludere che l'attività prestata dalla dipendente nel bar potesse pregiudicare o ritardare la sua guarigione, in considerazione della natura dell'infermità (trauma alla caviglia), della attività svolta e del dato temporale (ultimi tre giorni prima della prevista ripresa del lavoro).

Tale accertamento di fatto - affermano i giudici di legittimità - oltre che conforme al principio di diritto sopra ribadito, risulta congruamente motivato e resiste alle censure della società ricorrente e nel caso di specie è anche evidente che la Corte di merito, escludendo che la lavoratrice abbia in qualche modo violato i propri obblighi di correttezza e buona fede, ha in sostanza escluso la legittimità del licenziamento anche sotto il profilo del giustificato motivo soggettivo.

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