A dispetto di quanto finora sostenuto
dalle amministrazioni finanziarie, è infatti possibile esperire la classactionanche
nei procedimenti tributari, purché i motivi di impugnazione siano i
medesimi per tutti i ricorrenti.
Lo stabilisce la Corte di Cassazione, con
sentenza n. 4490 del 22 febbraio 2013. In precedenza si riteneva che si dovesse
escludere l'ammissibilità di azioni collettive per la contestazione delle
cartelle di pagamento considerate illegittime, in base al disposto di cui
all'art.18 del D.Lgs. 546 del 1992 ai sensi del quale
«ogni atto autonomamente impugnabile può essere impugnato solo per vizi propri».
Gli Ermellini
hanno invece chiarito che il principio della unicità dei procedimenti sancito
nel predetto decreto non viene affatto compromesso dal cumulo dei ricorsi;
anzi, nulla impedisce che anche nel contenzioso tributario possa farsi luogo
alla riunione dei processi intentati da soggetti diversi avverso titoli di
riscossione diversi, allorché la decisione della causa dipenda «totalmente o
parzialmente, dalla risoluzione di identiche questioni» di fatto o di diritto.
Come è facile
intuire, lo "sdoganamento" delle azioni collettive anche in questo
settore porta con sé vantaggi non indifferenti per i consumatori, che da oggi
avranno meno remore a far valere i propri diritti nei confronti del riscossore
nazionale. Ciascun membro della "classe" potrà infatti beneficiare di
un sensibile abbattimento dei costi burocratici e delle spese legali del
processo, e del tipico effetto "ultra partes" della sentenza
eventualmente favorevole.
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