"Ai fini
dell'integrazione del reato di pornografia ex art. 600-ter c.p. è necessario
che la condotta del soggetto agente abbia una consistenza tale da implicare il
concreto pericolo di diffusione del materiale pornografico prodotto, e che la
nozione di "produzione" richiede l'inserimento della condotta in un
contesto di organizzazione almeno embrionale e di destinazione, anche
potenziale, del materiale pornografico alla successiva fruizione da parte di
terzi, esulando quindi dall'area applicativa della norma solo quelle ipotesi in
cui la produzione pornografica sia destinata a restare nella sfera strettamente
privata.
"E' quanto affermato dalla Corte di Cassazione che, con
sentenza del 26 settembre 2012, n. 37076, ha rigettato il ricorso proposto da un
imputato già condannato dal Tribunale per reati inerenti alla pornografia
minorile, violenza sessuale, estorsione etc.
L'imputato
aveva contattato via chat minorenni,
facendosi inviare alcune loro foto di contenuto pornografico e qualora la
minorenne si rifiutava di proseguire, egli minacciava di inviare le foto che
già aveva presso di sé ai genitori.
L'imputato, venuto in possesso delle foto, le scambiava con altra persona e le
immetteva in internet tramite il programma
"E-mule".
La Corte, peraltro, in relazione alla violenza sessuale, specifica che
il reato non è esclusivamente caratterizzato dal contatto corporeo tra soggetto
attivo e passivo del reato, ma può estrinsecarsi anche nel compimento di atti
sessuali che lo stesso soggetto passivo, a ciò costretto o indotto dal soggetto
attivo, compia su se stesso o su terzi. Conseguenza è che si configura reato
anche quando i due soggetti, attivo e passivo, sono in due luoghi diversi come
la prestazione richiesta per via telefonica o attraverso internet o in
videoconferenza.
Comunque
, la "distanza" tra le parti non integra una circostanza attenuante.
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