Con
la sentenza n. 23132 del 12 giugno 2012, la Corte di Cassazione, III Sez. Pen., ha confermato
la misura di custodia in carcere per un uomo imputato del reato di violenza
sessuale aggravata. La fattispecie considerata è quella di un uomo, che, dopo
aver avuto un rapporto sessuale mercenario con una prostituta consenziente,
pretendeva, sotto la minaccia di un coltello, di averne un altro senza utilizzo
del preservativo. L'uomo, continuando a palpeggiare la donna, cercava di
costringerla, minacciando la sua incolumità fisica, a soggiacere ad un rapporto
sessuale non protetto senza la sua volontà.
In seguito, spaventato dalla eccessiva reazione della donna, l'uomo
scappava sottraendole la borsa. Nella sentenza indicata la Cassazione puntualizza
un aspetto molto interessante che riguarda la condotta penalmente rilevante
relativa al reato di violenza sessuale. La Suprema Corte
concorda con la qualificazione giuridica che il Tribunale del riesame ha dato
alla fattispecie concreta al fine di inquadrarla nel contesto giuridico. Il
reato è ritenuto consumato anche se di fatto l'uomo non ha ottenuto il rapporto
sessuale richiesto, ma ha continuato a più riprese a palpeggiare le parti intime
della donna senza il suo consenso. Si ritiene che la minaccia e l'atto di
sfoderare il coltello hanno avuto la finalità di costringere la donna ad
accettare un rapporto sessuale non protetto, ponendola di fatto in una
condizione di inferiorità. Precisamente la Cassazione stabilisce
che "commette il reato di violenza sessuale l'uomo che, durante un
rapporto sessuale consensuale e protetto, decide di continuare l'amplesso senza
contraccettivo, e per far questo, minaccia la partner." Contestualmente la Suprema Corte non ha
ritenuto sussistente nel caso di specie, in alternativa, il reato di violenza
privata in quanto l'offesa che integra la condotta di reato, nonostante il
contesto in cui avviene, è sempre diretta a ledere la libertà sessuale della
vittima.
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