La condotta del datore di lavoro che,
approfittando della situazione del mercato di lavoro a lui favorevole per la
prevalenza dell'offerta sulla domanda, costringa i lavoratori, con la minaccia
"larvata" di licenziamento, ad accettare la corresponsione di
trattamenti retributivi deteriori e non adeguati alle prestazioni effettuate, e
più in generale condizioni di lavoro contrarie alle leggi ed ai contratti
collettivi fa configurare il di reato di estorsione ex art. 629 del codice
penale. Lo ha deciso la
Corte di Cassazione con sentenza 3 agosto 2012, n. 31535. Le
parti si erano rivolte al Tribunale di Nicosia perchè costrette, secondo
l'accusa, a"restituire" al datore di lavoro, con il quale
intrattenevano i rapporti di impiego , sotto minaccia, in difetto di mancata assunzione
o di licenziamento, una parte delle somme ricevute a titolo di retribuzione e o
comunque ad accettare somme inferiori a quelle figuranti sulle buste paga. La
minaccia offensiva che va configurare il reato di estorsione è palese: la
"sanzione" della mancata assunzione o del licenziamento delle varie
persone offese in caso di dissenso dalle condizioni coercitive loro imposte. Il
comportamento del datore di lavoro non può essere giustificato neanche dal suo
scopo, ossia assicurare alle persone offese il mantenimento del posto di
lavoro, ed è aggravato dal fatto che le parti avevano accettato le condizioni
contrattuali, percepite come inique, perché versavano in una situazione di
bisogno, e vi si erano adeguate anche nel corso del rapporto per timore di
perdere il posto. Il Tribunale condanna il datore alla pena complessiva di anni
sette di reclusione ed euro 3.500 di multa. Anche la Corte d'Appello ribadisce la
condanna. La Corte
di Cassazione conferma le statuizioni civili e ribadisce, facendo riferimento
anche alla giurisprudenza di legittimità, che: "integra il delitto di
estorsione la condotta del datore di lavoro che, in presenza di una legittima
aspettativa di assunzione, costringa l'aspirante lavoratore ad accettare
condizioni di lavoro contrarie alla legge e ai contratti collettivi".
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