Ecco un bell'esempio di quanto la
giurisprudenza italiana possa essere arzigogolata e di come gli anche gli
avvocati debbano sempre pesare le parole dette (oltre che scritte!) se non
vogliono rischiare di perdere le cause. Lo ha constatato sulla sua pelle un
avvocato che si è visto respingere un ricorso in Cassazione contro un precedente
provvedimento sempre a lui sfavorevole (per fortuna c'è ancora chi può
permettersi di spendere tempo energie se crede realmente nella sua causa!).
L'avvocato
in questione aveva deciso di proporre ricorso straordinario in Cassazione (ex
art.1 111 cost.) contro una sentenza del Tribunale di Como (1098/2006) emessa a
seguito di una opposizione a un pignoramento che lui stesso aveva eseguito, nei
confronti del marito di una sua cliente. Per il pignoramento aveva utilizzando
(come titolo esecutivo) un provvedimento di liquidazione del suo onorario che
aveva legalmente ottenuto (ai sensi dell'articolo 28 della legge 794/42) nei
confronti della sua cliente che non gli aveva pagato la parcella.
L'avvocato
riteneva che il titolo esecutivo legalmente ottenuto nei confronti della sua
cliente che gli aveva conferito mandato per essere difesa in una causa di
sfratto esecutivo fosse idoneo anche per pignorare beni del marito dato che gli
atti da lui compiuti erano relativi a interessi familiari.
Insomma
per potersi ripagare della parcella ecco che l'avvocato, in mancanza di altri
beni da poter pignorare, pensò bene di confiscare la macchina del marito della
signora. Il quale però si rivolse appunto al Tribunale, per dimostrare che il
legale non aveva alcun diritto di rivalersi su di lui. Nonostante la causa da
lui patrocinata avesse ad oggetto la casa destinata all'uso della famiglia e
non della sola signora che aveva difeso.
Il
Tribunale aveva dato ragione al marito della cliente spiegando che l'avvocato
aveva sì titolo esecutivo nei confronti della moglie ma non poteva pignorare
nulla che appartenesse al marito. Insomma per il Tribunale di Como, il
pignoramento doveva considerarsi illegittimo.
A questo
punto l'avvocato decide di fare ricorso in Cassazione, ma anche qui le sue tesi
sono state respinte.
In
altri termini : l'avvocato avrebbe dovuto indicare le norme violate e il
ricorso si sarebbe dovuto concludere con un quesito di diritto.
E
così Insomma la Terza
sezione civile ha rigettato il ricorso (sent. n.12793/2012) principalmente
perché nel ricorso presentato erano state omesse indicazioni fondamentali.
L'illustrazione
di ciascun motivo - ricorda la corte - "deve contenere, a pena di
inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al
quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per
quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a
giustificare la decisione, la relativa censura deve contenere, un momento di
sintesi (omologo al quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i
limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del
ricorso e di valutazione della sua ammissibilità".
In
un'altro motivo di ricorso l'avvocato aveva indicato le norme violate ed aveva
posto il seguente quesito di diritto: "Dica la Cassazione se per le
obbligazioni contratte da uno solo dei coniugi nell'interesse dei figli ex
articolo 147 cc e relative al conferimento di un mandato giudiziale, debba
rispondere anche il coniuge non firmatario del predetto mandato, in quanto
obbligato in solido".
Un
secondo quesito era stato esposto in questi termini: "Dica la
cassazione se il titolo esecutivo ottenuto nei confronti di uno dei coniugi per
il mancato adempimento dell'obbligazione assunta nell'interesse dei figli da
esso soltanto spieghi suoi effetti anche nei confronti dell'altro coniuge, in
quanto obbligato in solido".
Interessante
notare (dal punto di vista sostanziale) che l'avvocato aveva anche spiegato
come il marito della sua cliente era assolutamente al corrente della procura
data dalla moglie all'avvocato e che con lui aveva regolarmente dialogato
dell'accaduto, così da poter essere considerato egli stesso mandante della
procura.
Una serie di
imprecisioni però sono costate ricorso e controricorso, con relative spese
procedurali.
Insomma non
sempre chi la dura la vince!
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