" La lavoratrice, in sede giudiziale, aveva eccepito che il suo
rifiuto di riprendere l'attività lavorativa era giustificato dal fatto che
l'azienda era inadempiente poichè le doveva delle mensilità arretrate. La Corte di Cassazione specifica
che "il rifiuto di adempiere, come reazione al primo inadempimento, oltre
a non contrastare con i principi generali della correttezza e della lealtà,
deve risultare ragionevole e logico in senso oggettivo, trovando concreta
giustificazione nella gravità della prestazione ineseguita, alla quale si
correla la prestazione rifiutata." Nel caso di specie - afferma la Suprema Corte - la Corte d'Appello ha
"motivatamente escluso che il rifiuto di adempiere la propria prestazione
da parte della lavoratrice, concretizzatosi in un periodo di assenza dal lavoro
di quaranta giorni dopo la scadenza del termine del periodo di astensione dal
lavoro per maternità, potesse considerarsi giustificato e conforme ai principi
di correttezza e buona fede a fronte di un inadempimento datoriale che, a
quella data, e cioè alla scadenza del termine del periodo di astensione dal
lavoro, riguardava una sola mensilità della retribuzione" con la
conseguenza che il comportamento della ricorrente risulta sproporzionato
all'inadempimento della società. La
Corte di Cassazione ha, quindi, accertato la sussistenza
della colpa grave nel comportamento della lavoratrice ed ha rigettato il
ricorso con la conferma della sentenza impugnata.
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martedì 4 dicembre 2012
Cassazione: legittimo il licenziamento della dipendente che rifiuta di riprendere il lavoro dopo la maternità
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