Il reato di maltrattamenti in famiglia si
configura anche nel caso di una convivenza "more uxorio". E' quanto
ricorda la Corte
di Cassazione spiegando che "il richiamo contenuto nell'art. 572 c.p. alla
famiglia deve intendersi riferito ad ogni consorzio di persone tra le quali,
per strette relazioni e consuetudini di vita siano sorti rapporti di assistenza
e solidarietà per un apprezzabile periodo di tempo."
Sulla
base di questo principio di diritto la
Corte di Cassazione, con sentenza n. 33234 del 23 agosto 2012, ha respinto il
ricorso di un uomo accusato di maltrattamenti in famiglia.
Al
ricorrente era stata confermata l'applicazione della misura cautelare del
divieto di avvicinamento alla persona offesa, nello specifico, la sua
convivente.
Nel
ricorso aveva contestato che vi fosse un'adeguata motivazione sulla relazione
di convivenza o piuttosto di mera coabitazione con la vittima, negando più
volte il rapporto di convivenza e dichiarando che fosse un semplice rapporto di
ospitalità-coabitazione.
Il
Tribunale - si legge nella sentenza - si è attenuto al principio di diritto
enunciato e per quanto concerne la mancata indicazione delle modalità e della
distanza metrica, che devono essere osservate anche per l'eventualità di
incontri non ricercati dall'indagato, la Suprema Corte
precisa che "è in violazione della misura cautelare del divieto di
avvicinamento soltanto la condotta che si risolva in una percepibile e
volontaria invasione dell'ambito nel quale la persona offesa esplica
ordinariamente le proprie esigenze di vita: un'invasione che non può essere
predeterminata dal giudice sempre e soltanto in termini metrici ma che,
elasticamente, sussiste ogniqualvolta risulti in concreto chiara ed evidente la
dolorosa intromissione nella sfera che la persona occupa e domina con il
proprio apparato sensoriale.".
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