"La configurabilità della circostanza aggravante dei futili motivi
di cui all'art. 61, n. 1, c.p. ricorre quando la determinazione criminosa sia
stata causata da uno stimolo esterno così lieve, banale e sproporzionato
rispetto alla gravità del reato, da apparire, secondo il comune modo di
sentire, assolutamente insufficiente a provocare l'azione criminosa, tanto da
potersi considerare, più che una causa determinante dell'evento, un mero
pretesto per lo sfogo di un impulso criminale. ". Ribadendo tale principio
di diritto, consolidato nella giurisprudenza di legittimità, la Corte di Cassazione, con
sentenza n. 28111/2012, ha accolto il ricorso di un cittadino straniero,
annullando la sentenza che lo condannava a 2 anni e sei mesi dopo la
derubricazione del tentato omicidio in maltrattamenti in famiglia. La Suprema Corte ,
precisando che è sempre necessario che il giudizio sulla futilità del motivo
non sia riferito ad un comportamento medio ma sia ricondotto agli elementi
concreti del caso, tenendo conto delle connotazioni culturali del soggetto
giudicato, del contesto sociale e del particolare momento in cui il fatto si è
verificato, nonché dei fattori ambientali che possono avere condizionato la
condaotta criminosa, afferma che la
Corte d'Appello non si è attenuta a tale rigoroso quadro di
prinicipii. Infatti la Corte
territoriale ha, da un lato, correttamente escluso che il motivo della gelosia
possa integrare la contestata aggravante, dall'altro lato, ha affermato che i
futili motivi "sfumano in una confusa reattività" imputandola,
contraddittoriamente, alla stessa gelosia, omettendo così di identificare in
concreto la natura e la portata della ragione giustificatrice della condotta
delittuosa posta in essere, quale univoco indice di un istinto criminale più spiccato
e di un più elevato grado di pericolosità dell'agente. La sussistenza
dell'aggravante - concludono i giudici di legittimità - così come configurata
deve essere esclusa.
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