La Corte di Cassazione, con sentenza n.
3179 dell'11 febbraio 2013, ha ribadito che il giudizio di proporzionalità
tra licenziamento disciplinare e addebito contestato è devoluto al giudice
di merito, la cui valutazione non è censurabile in sede di legittimità, ove
sorretta da motivazione sufficiente e non contraddittoria.
Nella fattispecie presa in esame dalla
Suprema Corte una società aveva licenziato un lavoratore che aveva chiesto un
permesso per recarsi presso l'ufficio infortuni della direzione generale
dell'Azienda ubicato in luogo diverso e distante da quello presso il quale
egli prestava servizio e che ad un successivo controllo era emerso che il
dipendente non si era mai recato presso l'ufficio infortuni e che, pertanto si
era allontanato dal posto di lavoro adducendo una giustificazione rivelatasi
infondata.
Correttamente la
Corte territoriale - secondo i giudici di legittimità - ha escluso la
proporzionalità tra il fatto addebitato e la sanzione considerata l'oggettiva
entità della durata della mancata prestazione lavorativa e della conseguente
assenza ingiustificata di meno di tre ore; la mancata contestazione al
lavoratore di un comportamento fraudolento peraltro neppure emerso dal
materiale probatorio; la posizione lavorativa del dipendente non adibito a
mansioni richiedenti un particolare grado di fiducia ed affidamento; l'assenza
di disagi o disfunzioni nell'ambito dell'organizzazione aziendale cagionati
dall'ingiustificata assenza .
La Corte
territoriale ha valutato la gravità dell'inadempimento del lavoratore e
l'adeguatezza della sanzione, con apprezzamento in fatto adeguatamente
giustificato con motivazione esauriente. Il carattere fraudolento del
comportamento del lavoratore non risulta essere stato contestato al lavoratore,
né risultano evidenziate circostanze dalle quali desumere detto comportamento
che non è ravvisabile nella sola richiesta del lavoratore di usufruire di un
permesso.
Inoltre - si legge
nella sentenza - il giudice di merito ha rilevato che il licenziamento non
appariva proporzionato rispetto al fatto addebitato anche con riferimento
alla disciplina del codice disciplinare per le assenze ingiustificate e per
l'ipotesi in cui il lavoratore non offra integralmente la propria prestazione
lavorativa per comportamenti ingiustificati ivi compresa l'ipotesi della
sussistenza di un'aggravante.
La Corte,
esaminata detta normativa, ha concluso, con interpretazione non oggetto di
specifiche censure, che essa prevede una graduazione di sanzioni a partire da
un solo giorno con la conseguenza che non poteva non tenersi conto
dell'obiettiva entità e durata della mancata prestazione dell'attività
lavorativa anche ove attuata dal dipendente trovandosi al di fuori del proprio
ufficio.
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