"Secondo la disciplina di cui al
D.P.R. n. 1124 del 1965, applicabile per il periodo antecedente all'entrata in
vigore del decreto legislativo 23 febbraio 2000 n, 38 (che, all'art. 13, ha
inserito il danno biologico nella copertura assicurativa pubblica),
l'indennizzo previsto in caso di infortunio sul lavoro si riferisce
esclusivamente alla riduzione della capacità lavorativa e, anche in base
all'interpretazione della Corte costituzionale (sentenze n. 319 del 1981, n. 87
e 356 del 1991), non comprende una quota volta a risarcire il danno biologico,
atteso che la configurabilità concettuale della duplice conseguenza (patrimoniale
e non patrimoniale) del danno alla persona non significa che il diritto
positivo prevedesse un "danno biologico previdenziale patrimoniale".
Sulla base di
questo principio di diritto la Corte di Cassazione, con sentenza n. 2942 del 7
febbraio 2013, ha affermato che la richiesta di indennizzo del danno biologico
e morale, quali voci non ricomprese nell'assicurazione obbligatoria ma
eventualmente risarcibile per il lavoratore infortunato, porta dette voci
complementari fuori dal sistema risarcitorio ex art. 10 e 11 D.P.R. 30
giugno 1965, n. 1124. e, quindi, fuori dell'ambito di operatività della polizza
che fa riferimento ad una responsabilità civile su questi ultimi espressamente
modellata, in luogo di quella codicistica ex art. 2043 c.c.
Precisano poi i giudici
di legittimità che il richiamo, nella clausola contrattuale (secondo cui nel
caso di specie "la Società si obbliga a tenere indenne l'assicurato di
quanto questi sia tenuto a pagare (capitale, interessi e spese) quale
civilmente responsabile ai sensi del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, artt. 10 e
11 per gli infortuni sofferti dai prestatori di lavoro da lui
dipendenti"), degli artt. 10 ed 11 citati, non può essere considerato alla
stregua di un "rinvio formale", che tenga conto delle diverse interpretazioni
di tali norme succedutesi nel tempo, atteso che nel caso di polizza
assicurativa, la copertura garantita non può essere variata nel corso del
rapporto, a seconda delle mutevoli interpretazioni giurisprudenziali o
dottrinali.
Vai al testo della sentenza 2942/2013
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