La Corte di Cassazione, con ordinanza n.
20569 del 21 novembre 2012,
ha affermato, ribadendo quanto statuito da
giurisprudenza consolidata, che "ai fini della verifica del legittimo
esercizio dello ius variandi da parte
del datore di lavoro deve essere valutata dal giudice di merito - con giudizio
di fatto incensurabile in cassazione ove adeguatamente motivato - la omogeneità tra le mansioni successivamente
attribuite e quelle di originaria appartenenza, sotto il profilo della
loro equivalenza in concreto
rispetto alla competenza richiesta, al livello professionale raggiunto ed alla
utilizzazione del patrimonio professionale acquisito dal dipendente nella
pregressa fase del rapporto e nella precedente attività svolta".
La Suprema Corte,
rigettando il ricorso di un lavoratore volto ad ottenere la declaratoria di
illegittimità del licenziamento
intimatogli per superamento del periodo di comporto dalla datrice di
lavoro, nonché il risarcimento del danno da demansionamento e da mobbing,
precisa che la Corte d'Appello ha accertato in modo adeguato - dandone congrua
motivazione - la natura non
demansionante dei compiti lavorativi attribuiti al lavoratore nel
reparto gastronomia, rispetto a quelli in precedenza svolti presso il reparto
merci, appurando non solo che il livello retributivo è rimasto quello proprio
della qualifica di appartenenza, ma anche che non sono emersi elementi
probatori dai quali desumere che il lavoratore aveva svolto funzioni di
"responsabile effettivo della gestione del reparto merci", sicché
doveva escludersi una dequalificazione, salvo restando che lo spostamento del
lavoratore è stato attuato nell'ambito di una movimentazione del personale
riguardante una pluralità di dipendenti.
Nessun commento:
Posta un commento